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Yellow Horse: intervista con Rosaria Iazzetta

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Ciao Rosaria e grazie di aver accettato di raccontarci gli aspetti del tuo viaggio a 24 ore dalla partenza.

Chissà quante cose avrai da fare in questo breve lasso di tempo. Un raid  in moto dall’Italia al Giappone, dal 27 giugno al 20 ottobre 2018,  attraverso 11 Paesi, con il preciso scopo di incontrare comunità di  donne. Come si lega a te e al tuo lavoro di docente di scultura  all’Accademia Belle Arti di Napoli?

Parto dalla fine. Il collegamento è legato alla mia anima artistica. Ho sempre lavorato in uno studio per creare sculture. Quella che vado a creare ora è una scultura sociale, priva di materia da plasmare ma comunque definibile un progetto d’arte, che lavora con l’anima con la coscienza.
L’idea parte da un mio precedente viaggio nel nord del Giappone, nella prefettura di Iwate. Mi trovavo lì per una ricerca e ho scoperto che in quella regione c’è il più alto numero di suicidi da parte di donne. Un paradosso per me: com’è possibile che chi mette al mondo la vita arrivi poi a togliersela? E perché proprio qui questo fenomeno è così presente? Il mio viaggio è dedicato a quelle donne. Lo sforzo fisico del viaggio, lo dono a quelle che lottano ogni giorno in silenzio per affermare i propri sogni e alle donne hanno saputo ritagliarsi un ruolo forte nelle arti, in politica, nello sport, nei vari campi della sociologia.

Perché hai scelto la motocicletta?

Ogni volta che ho viaggiato in aereo, ho sempre avuto la consapevolezza di perdere dei pezzi di strada, di esperienza. In aereo conosci partenza e arrivo ma nulla delle realtà che stanno nel mezzo. Questo progetto è nato con l’ambizione di mettere insieme tutte queste realtà, ragionare in termini di confronto, in particolare come una determinata realtà sociale viene vissuta da una donna in un determinato posto del mondo e come nei Paesi limitrofi vengono vissute situazioni analoghe. Tornando alla vostra domanda… ho visto nella motocicletta il mezzo di trasporto più appropriato al mio scopo.

Si tratta di un viaggio avventuroso e non privo di rischi. Che tipo di esperienze motociclistiche ha avuto in passato?

Ho viaggiato in Europa con una moto più piccola, una 250 cc. Una distanza così lunga, parliamo di oltre 13mila km, è un’esperienza nuova per me. Sulla carta il progetto è ben pianificato, le incognite che potrei incontrare lungo la strada non sono tutte ipotizzabili. Sono consapevole di andare incontro a qualche rischio.

La moto che ha scelto di guidare è una Yamaha MT-07. Perché questo modello?

E’ la mia attuale moto… la conosco bene e mi fido. Qualcuno mi ha detto chiaramente che non è proprio adatta al tipo di viaggio che intraprenderò a partire da domani. Lo so che è una naked e che non è molto alta ma io ne conosco tutti i dettagli. E poi GIVI l’ha accessoriata benissimo trasformandola in una “viaggiatrice”.

Il nome “Yellow Horse“ è ispirato alla moto? Lo chiedo perché vedo che la carenatura della tua Yamaha è in colore giallo.

In parte. Il nome Horse è legato sempre alla mia passata esperienza nella prefettura di Iwate in Giappone. Nell’antichità quel territorio era noto per una tipologia di cavalli a gambe corte e molto veloci. Quanto al “giallo”, avete ragione, è quello della mia moto, una tinta luminosa.

La maggiore difficoltà incontrata nella progettazione del viaggio?

L’armonizzazione dei tempi e degli spazi necessari a portarlo a termine… con il mio lavoro. Per fortuna il progetto è stato quasi subito sostenuto dall’Accademia nella quale insegno. E questo mi ha permesso di portarlo avanti. Ho dovuto inserire nel percorso uno stop di circa un mese in Serbia, dove sono stata invitata a collaborare alla realizzazione di una struttura monumentale. Questo lavoro, sempre concordato con l’Accademia, mi aiuterà a sostenere le spese del progetto.

Come hai scelto l’itinerario? Sei riuscita a conciliare la scelta di percorsi meno hard dal punto di vista della guida con il lungo calendario di incontri?

So bene che sarà arduo attraversare il Kazakistan e la Mongolia ma se devi intervistare donne all’interno di comunità che si trovano lontane dai grandi centri abitati non hai scelta. Devi arrivare nel loro territorio per capire quale percorso hanno fatto. Vedere con i tuoi occhi in quali situazioni vivono. In alcuni Paesi passerò più tempo di altri. Devo dare l’esempio e mostrarmi coraggiosa ai loro occhi. Non posso tirarmi indietro.

Hai creato una ragnatela di contatti, supporter consolidati e in progress, sponsor… Sei una sorta di super woman.

Il fatto che hai deciso di viaggiare in solitaria conferma questa nostra opinione.
Si, è vero, viaggerò da sola. I supporti al momento si limitano esclusivamente alla logistica. La Yamaha mi aiuterà in caso di problemi con la moto.

Questo tuo progetto diventerà un documentario. Anche un libro?

Al momento penso esclusivamente al documentario: credo più nel potere del suono e dell’immagine che in quello della parola scritta. Mi piace l’idea di vedere persone diverse e appartenenti a razze differenti dire cose molto simili utilizzando gestualità, parole e modi di porsi differenti. La mia speranza è che le interviste documentate in audio e in video possano diventare fonte di ispirazione per le giovani studentesse. Allo stesso tempo non pongo limiti: se mi verrà chiesto di raccontare la mia esperienza anche attraverso un libro accetterò senza riserve.

Il nostro portale Expolorer ti seguirà pubblicando i tuoi report e le foto esclusive dalla partenza all’arrivo.

Questi due momenti sono legati tra loro da una sorta di gemellaggio. Domani, alla partenza, avrò il Vesuvio alle spalle; all’arrivo sullo sfondo vedrò il monte Iwate nei dintorni di Morioka. Due vulcani dalla morfologia molto simile a rappresentare una continuità fisica. La vita preserva tante opportunità. Questa è la mia occasione di lasciare una traccia… non soltanto con gli pneumatici.

Ti siamo vicini. Forza e coraggio!