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Tappa 5

Iraq

Great Venture
Great Venture

Dopo essere stati bloccati per 11 mesi in Turchia a causa del Covid, finalmente hanno riaperto le frontiere e siamo riusciti ad entrare in Iraq passando per il Kurdistan iracheno. Nonostante le rassicurazioni dell’ufficiale di polizia, il nostro visto non era valido per tutto il paese.
Poiché l’obiettivo era proprio quello di attraversare tutta la nazione, ci serviva un altro visto, allora abbiamo lasciato le moto a Erbil, preso un aereo per Bagdad e ottenuto altri visti all’aeroporto. Certo, come soluzione può sembrare complicata ma ha funzionato.
Quindi siamo tornati in taxi a riprendere le nostro moto per iniziare il viaggio vero e proprio. Il Kurdistan iracheno è molto diverso dalla parte araba, qui si parla curdo e non insegnano l’arabo a scuola, solo i più anziani lo conoscono. È una regione ricca, però, dove anche la vita è più cara; basta guardare i prezzi dei vari beni di consumo, tra cui la benzina che qui è più costosa rispetto al resto del paese.

Dopo aver percorso il Kurdistan su strade di montagna, siamo entrati in Iraq e ci siamo diretti verso Mosul. Attraversando il fiume Tigri è possibile vedere tutta la desolazione e la totale devastazione di Mosul, una città in rovine. È impressionante osservare come le persone continuino a vivere in piccole stanze e svolgano le proprie attività sui tetti degli edifici distrutti dalle bombe e crivellati dai proiettili; il ciarpame penzola da edifici che stanno in piedi per miracolo e non puoi fare a meno di pensare che potrebbero cadere da un momento all’altro.
Ma la cosa più sorprendente è il sorriso sui volti della gente, i bambini che giocano tra le macerie, come se tutto ciò fosse normale. Qui abbiamo conosciuto Safwan, un appassionato di moto, proprietario di una Gold Wing non immatricolata come la maggior parte delle due ruote in Iraq, che ci ha accolto in casa sua e ci ha fatto da guida alle rovine di Mosul.
Rimarreste impressionati nel vedere questa città. Eravamo sulla sponda occidentale del Tigri, dove l’Isis ha resistito fino alla ritirata in Siria e mentre camminavamo sulle rovine, sapevamo che sotto di noi erano sepolti centinaia e centinaia di corpi che nessuno sa se verranno mai estratti. Si stima che ci vorrebbero più di 10 anni per bonificare la città da tutti gli esplosivi rimasti.
Ci siamo diretti verso Kirkuk, e alcuni giorni dopo siamo arrivati a Bagdad, una città caotica con un traffico incredibile, dove ognuno prende la direzione che vuole e i semafori non funzionano. L’asfalto è cotto dal sole e segnato dal peso dei camion, in una città dove le temperature sfiorano i 50 °C in estate e si formano solchi profondi 40 cm, se ci finisci dentro con la ruota, è difficile uscirne.

La città è completamente militarizzata e ci sono posti di blocco ogni 10 o 15 km al massimo, il viaggio diventa quindi piuttosto lento e faticoso. Si tratta di controlli statali e militari, ma sia la polizia che l’esercito ci hanno trattato molto bene, ci hanno invitati a dormire presso i posti di blocco o le loro caserme e sono stati davvero cordiali; hanno voluto fare anche delle foto con noi.
È importante avvicinarsi al posto di blocco lentamente e con la visiera alzata perché si verificano moltissimi attacchi Daesh a bordo di moto contro caserme e posti di blocco, perciò il personale è in stato di allerta e nervoso. La stessa cosa vale per le stazioni di rifornimento; a causa dell’elevato numero di attacchi bomba, è vietato entrare in moto, bisogna parcheggiare fuori ed entrare con un contenitore per riempirlo di benzina.
Un giorno abbiamo preso una strada che non era sotto il controllo militare e abbiamo scoperto che alcuni giorni prima era stato rapito un ragazzo che avevamo conosciuto e che ci aveva ospitati a casa sua

 Contrariamente al progetto iniziale che prevedeva di attraversare il paese ed entrare in Arabia Saudita, alla fine siamo rimasti in Iraq 40 giorni percorrendo 4.500 km. L’aspetto che più ci ha colpito è stata la gentilezza delle persone e, nonostante le difficoltà incontrate durante il viaggio, questo paese merita sicuramente una seconda visita.
Attraversare i confini successivi si è rivelato davvero complicato: la Giordania aveva chiuso le frontiere a causa dei numerosi rapimenti e attacchi, il confine con l’Arabia Saudita era aperto solo alle merci e quello del Kuwait era rimasto chiuso dal giorno dell’invasione e dalla guerra del Golfo. A sorpresa, però, ci hanno informato che aveva appena aperto al turismo e nonostante ci consigliassero di evitare quella strada a causa del pericolo di attacchi terroristici, non avevamo altra scelta, quindi siamo montati in sella con la paura che dopo aver superato il punto di unione di Tigri ed Eufrate non ci facessero entrare e avremmo dovuto fare marcia indietro. La frontiera era un vero e proprio caos organizzato per così dire, ma dopo 4 ore siamo usciti dall’Iraq. Raggiunto il confine con il Kuwait, ci hanno detto che le nostre erano le prime moto ad attraversarlo dalla chiusura dovuta all’invasione dell’Iraq.
Ci hanno fatto smontare tutti i bagagli dalle moto, fino a lasciarle completamente spoglie. Tutti i bagagli e le moto sono stati controllati con gli scanner. E noi con il drone, assolutamente vietato in questi paesi…

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