Nel 2013 GIVI ha organizzato il suo primo tour, che ha portato un gruppo di esperti moto travellers legati al marchio, provenienti da tutto il mondo, fino alla lontana e selvaggia Patagonia con lo scopo di testare le allora nuove Trekker Outback.
Al ritorno da quell’avventura nacque l’idea di creare un portale che racchiudesse esperienze, storie
e consigli dedicati a chi ama l’avventura su due ruote.
A distanza di 10 anni da Patagonia 2013 e dalla nascita di GIVI Explorer, GIVI lancia una versione aggiornata
delle iconiche valigie in alluminio… che sia necessario organizzare un nuovo viaggio per testarle?
Nell’attesa ecco il racconto di Patagonia 2013.
A contraddistinguere questo reportage è la sua natura stessa. Non un confortevole viaggio incentive sullo sfondo di un villaggio caraibico ma un tour in motocicletta, in uno dei posti più ambiti dagli appassionati: la Patagonia! L’ha fortemente voluto Vincenzo Visenzi (frequentatore dei campi sterrati da giovane… appena può torna in sella), che è riuscito a coinvolgere un gruppo internazionale di persone, legate al marchio GIVI. Il viaggio è inoltre servito a testare le allora nuove valigie in alluminio, le Trekker Outback, in condizioni ottimali per questo tipo di prodotto.

IL DIARIO DI VIAGGIO
GIORNO 1
Neuquén è il nostro punto di partenza, il primo segno lasciato dalla penna sulla mappa, la prima accensione del motore. Presso l’Hotel Herradura Suites ha luogo l’incontro con il gruppo di viaggio e, nel parcheggio situato sul fronte, il primo contatto con le moto con cui condivideremo questa esperienza. Il gruppo risulta composto da rappresentanti di sette differenti nazionalità ed in tutto si contano 11 piloti, 1 guida e 4 persone d’assistenza. Le moto sono di marchio Bmw, ed i modelli scelti (R1200GS, F800GS, F650GS) rappresentano il giusto compromesso per il tipo di viaggio che abbiamo in programma di compiere. Dopo un pomeriggio di intense conoscenze e scambi di parole, in serata sentiamo affiorare la stanchezza accumulata durante il tragitto che, dalle varie parti del mondo, ci ha portato sino a qui. La prima notte in terra Argentina termina infatti subito dopo la cena.
GIORNO 2
Durante la colazione è facilmente percepibile l’emozione generata dall’imminente partenza.
Nel parcheggio le moto vengono ispezionate con cura, preparate ed equipaggiate con accessori GIVI ritenuti indispensabili per il viaggio. Il modo in cui fissare il porta navigatore sul manubrio, regolare l’altezza del parabrezza Airflow o scegliere il contenuto da inserire all’interno dei bauletti, diventano segni caratteristici di ognuno di noi. Dopo un rapido pranzo, condito di domande e accompagnato da consigli tecnici, siamo finalmente pronti a partire. La strada corre veloce nei primi 400 km di viaggio: la doppia linea gialla al centro della carreggiata diventa un punto di riferimento in costante cambiamento.
Verso metà percorso siamo costretti a fermarci per compiere il primo rifornimento di carburante. Una coda di auto e vecchi furgoni si materializza davanti alla pompa di benzina. L’attesa è di trenta minuti, ma ben presto ci renderemo conto che le code per il rifornimento sono una spiacevole costante in questa parte dell’Argentina. Nel pomeriggio raggiungiamo la città di Bariloche, nota località sciistica durante il periodo invernale e incantevole luogo di villeggiatura durante quello estivo. La città, situata ai piedi delle Ande, è famosa per la produzione di cioccolato e per la presenza di numerosi cani di razza S.Bernardo. La vista del gruppo di moto genera una sensazione di stupore da parte delle persone che animano quel luogo. Pochi istanti dopo il nostro arrivo ci troviamo piacevolmente occupati a tenere in equilibrio bambini seduti sulle selle e con le braccia fissate sui manubri. Nel tardo pomeriggio ci spostiamo verso l’Hotel Amancay, una straordinaria struttura ricettiva con vista sulla baia di Puerto Panuelo. Nei pensieri notturni di ognuno di noi domina l’immagine del lago Nahuel Huapi, ammirato a cena dalla terrazza dell’hotel.

GIORNO 3
La mattina lasciamo il lago alle nostre spalle con leggero dispiacere e percorriamo una strada in salita che conduce verso un punto panoramico. Il paesaggio che si scopre tra i fitti arbusti merita attimi di contemplazione da affrontare necessariamente a motore spento e senza l’impedimento del casco. La nostra vista si concentra dapprima sul Llao Llao, uno dei resort più caratteristici della Patagonia, per poi perdersi nello spettacolo di luci e colori dei Laghi Nahuel Huapi e delle montagne innevate che fanno da sfondo. L’immagine di questo luogo ci terrà compagnia durante gli oltre 200 km che percorriamo sulla Ruta 40 e che ci separano dal piccolo paese di Trevelin. Quest’ultima località è nota soprattutto per la presenza delle cascate “Nant y Fall”. Noi le raggiungiamo nel tardo pomeriggio, percorrendo una strada sterrata priva di ogni elementare forma di segnaletica. Il luogo nel suo insieme, nonostante il contenuto spettacolo delle cascate, non delude le nostre aspettative.
Risaliamo sulle moto e guidiamo verso la nostra destinazione in compagnia di una stanchezza crescente, ma fortunatamente il paese di Esquel, nostro punto d’arrivo, dista solo una trentina di chilometri. In serata raggiungiamo l’Hosteria Angelina e veniamo accolti dal proprietario, un argentino d’origini italiane che non perde un minuto a raccontarci la sua storia. La cena è in programma presso un ristorante noto per la preparazione della “Parrilla”, ossia carne alla griglia cucinata con una tecnica particolare. L’ottima cena con i compagni di viaggio contribuisce a farci sentire finalmente un gruppo.
GIORNO 4
La colazione presso l’Hosteria Angelina ha un vago profumo d’Italia. La musica neo-melodica in sottofondo ed i dolci fatti in casa rendono sinceramente patriottico anche il saluto del proprietario. Il programma della giornata odierna non prevede di percorrere molti chilometri, ma la presenza di numerosi tratti sterrati richiederà attenzioni supplementari ed una guida concentrata. In principio, il percorso stradale si snoda in una serie di curve dotate di ottimo asfalto ed interessanti traiettorie. Guidiamo le moto in maniera pulita e lasciandole correre su quelle curve ci concediamo anche intensi “attimi di piega”. La mano rimane ferma sulla manopola del gas mentre gli occhi si spostano, con rapidità crescente, dalla strada al paesaggio. Un cenno con la mano sinistra, un leggero suono di clacson o un piccolo bagliore del fanale anteriore sono i nostri modi di comunicare con chi, dall’altra parte della strada, è in viaggio verso la sua meta.
L’ingresso del Parco Nazionale Los Alerces appare davanti ai nostri occhi quasi inaspettatamente. Attraversiamo il parco percorrendo strade sterrate e, dopo una breve sosta ai lati del lago Futalaufquen, raggiungiamo la meta prefissata per il pranzo. Una rustica costruzione in legno dotata di una veranda che ben presto si rivelerà particolarmente adatta per un breve riposo pomeridiano. Da quelle comode amache in stoffa guardiamo con rispetto le nostre moto coperte di polvere. Risaliamo in sella forse troppo rilassati, ma i sassi (che qui costituiscono parte integrante della strada) ci ricordano ben presto di guidare in maniera concentrata.
La strada risulta in alcuni punti particolarmente sconnessa e siamo quindi costretti ad aumentare l’equilibrio rimanendo in piedi sulle pedane e stringendo con le gambe i fianchi del serbatoio. Una tecnica di chiara derivazione off-road, ma che anche nella nostra situazione permette di aumentare sensibilmente la fiducia nella guida. Infatti è possibile controllare gli sbandamenti della ruota posteriore semplicemente con la forza delle gambe, senza far ricadere sul corpo ogni singolo brusco movimento della moto. La strada, sempre più polverosa e dissestata, ci conduce fino al ponte sospeso che collega le due rive del Rio Arrayanes. Lo attraversiamo a piedi ed approfittiamo di quel luogo per fissare nelle macchine fotografiche intensi attimi di allegria. Raggiungiamo il paesino di El Bolson nel tardo pomeriggio ed, in via precauzionale, parcheggiamo le moto sotto un’ampia tettoia. I dati meteo in nostro possesso preannunciano l’arrivo di un’imminente perturbazione. El Bolson è situata al centro di una valle ed è caratterizzata da una radicata tradizione hippie. Infatti, la sera del nostro arrivo, veniamo sorpresi da una festa organizzata nella piazza principale.

GIORNO 5
La vista del cielo grigio di prima mattina non è confortante, e il semplice sguardo oltre i vetri dell’albergo ci rende consapevoli del fatto che pioggia, freddo e vento caratterizzeranno questa giornata. Affrontiamo la sfida del tempo e, senza perderci d’animo, indossiamo le nostre tute anti-acqua e gli altri componenti impermeabili in dotazione. Qualche chilometro dopo la partenza siamo costretti a fermarci ad una stazione di servizio e ad attendere sotto la pioggia il nostro turno per il gonfiaggio delle gomme. Ieri, infatti, per aumentare la stabilità della moto nei tratti sterrati abbiamo provveduto ad abbassare la pressione in maniera piuttosto approssimativa.
Riprendiamo la marcia sotto una pioggia insistente e nei lunghi rettilinei ci accorgiamo che, mentre acqua e freddo sono eventi controllabili, il vento (che arriva trasversalmente e sbilancia le moto) è l’elemento forse più pericoloso. Procediamo perciò a velocità ridotta e cerchiamo di contrastare la forza del vento spostando il peso del corpo sulla moto. Con il passare dei chilometri, anche quel particolare modo di guidare “a moto inclinata” diventerà quasi naturale.
L’ora del pranzo ci sorprende in prossimità della località di Villa La Angostura, rinomata località di villeggiatura nei pressi del lago Nahuel Huapi.
La nostra scelta ricade sui piatti tipici della zona: “bife del lomo” (filetto) e “trucha” (trota). Con il corpo riscaldato e lo stomaco soddisfatto dobbiamo ammettere a noi stessi di dover forzare la nostra volontà per risalire sulle moto e tornare in balia degli eventi atmosferici.
La strada, che sulla mappa stradale veniva segnalata “in costruzione”, si rileva ben presto uno sterrato pieno di pozzanghere. Siamo costretti ad adeguare la nostra guida alle rinnovate condizioni ed a procedere ad una velocità rapida e costante per evitare che la ruota anteriore della moto affondi in qualche pozza di fango più profonda del previsto. La sosta presso le cascate Pichi Traful è una questione di qualche minuto soltanto. Ognuno di noi, battendo i denti dentro il casco, conta i chilometri che mancano ad arrivare a San Martin de Los Andes.
GIORNO 6
Il sole splende alto sopra i nostri caschi ed anche l’ennesima coda alla stazione di servizio diventa l’occasione per un piacevole scambio di saluti con altri motociclisti in viaggio attraverso la Patagonia.
Ripartiamo in gruppo e con la mano ben ferma sull’acceleratore raggiungiamo in breve tempo il ponte sul Rio Malleo. È un caratteristico ponte con base in legno, decisamente spettacolare da attraversare con le moto. La strada che si apre davanti ai nostri occhi è un concentrato di colori. Un terreno rossastro, quasi lunare, contrasta con l’azzurro del fiume che scorre a lato e che delinea un percorso di curve ben definito. È una strada che, a causa del suo spettacolo, distrae la guida e può indurre all’errore. Il pranzo ha luogo presso il paese di Alumine ed è l’occasione per assaggiare la famosa “pasta patagonica”. Prima di ripartire abbiamo modo di conoscere alcuni particolari aspetti del luogo attraverso le parole, ricche di dignità, di un meccanico di moto del paese.
Raggiungiamo le rive del Lago Pulmari nel primo pomeriggio e con estremo stupore scopriamo quello che sarà uno dei luoghi più caratteristici del nostro viaggio: l’Hosteria Piedra Pintada.
È una recente costruzione di legno e pietra, posizionata su una riva isolata del lago e dotata di camere con ampia visuale sul paesaggio circostante.
L’albergo è estremamente isolato e ciò è dimostrato anche dal fatto che l’alimentazione proviene quasi esclusivamente da energia solare e da un generatore secondario di corrente che viene avviato solo nel tardo pomeriggio. La cena ha luogo presso una struttura in legno separata dell’hotel ed è l’occasione per assaggiare il famoso “cordero patagonico”, una sorta di agnello locale cucinato alla brace e particolarmente saporito.
I ricordi di quella sera sono ben chiari nella mente di ognuno di noi. Le parole pronunciate intorno a quella tavola sono racconti di viaggio, piccole tecniche di guida, storie ed esperienze passate. È un gruppo di persone che ora comincia davvero a considerarsi unito e parte di una esperienza unica. Ognuno è consapevole che è in questo luogo per un motivo, e crede talmente nello spirito del marchio che qui rappresenta da sentirsi quasi parte integrante di esso.

GIORNO 7
La mattina lasciamo la riva del lago Pulmari senza voltarci indietro e percorriamo quello che sarà l’ultimo tratto di strada sterrata del nostro viaggio. Le ruote sono costrette ad affrontare un nuovo tipo di terreno, più sabbioso del solito e con solchi profondi e marcati. Una strada che i primi giorni avrebbe potuto creare apprensione in alcuni di noi, ora viene affrontata con estrema naturalezza guidando in piedi sulle pedane della moto. La sosta sulla spiaggia del Lago Alumine è l’occasione per divertirsi insieme un’ultima volta, prima di intraprendere gli ultimi chilometri di viaggio. Raggiungiamo il paesino di Villa Pehuenia, ultima sosta prima di raggiungere la città di Zapala. La strada però ci ha preparato un’ultima serie di sorprese ed infatti una carovana di eventi si presenta ai nostri occhi: un gregge di pecore che attraversa in modo inaspettato, alcuni contadini a cavallo che salutano alzando le redini ed una processione di carri trainati da buoi.
GIORNO 8
La strada che collega Zapala a Neuquén è un lungo rettilineo di quasi duecento chilometri. Lo percorriamo a velocità costante, rallentando prontamente solo prima dei numerosi posti di blocco organizzati dalla polizia e segnalati da una serie di strisce gialle perpendicolari alla strada.
L’arrivo a Neuquén coincide con l’ultimo, quasi commosso, saluto alle moto. Ognuno di noi ha un suo modo personale ed interiore di ringraziare quel concentrato di spirito e meccanica che lo ha condotto fino all’ultimo giorno di viaggio. Il collegamento con l’aeroporto di San Martin de Los Andes (luogo di partenza del nostro volo di ritorno per Buenos Aires). Quest’ultima tratta è l’ultima che percorreremo tutti insieme come gruppo. Tornando nei nostri Paesi d’origine ogni moto che incontreremo sulla strada, impolverata e con i bauletti montati, ci ricorderà questa terra lontana ed il senso di libertà che solo un viaggio in moto può garantire.
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